Redazione

Direttore Responsabile - Dr. Mario Pipia
Direttore Editoriale - Dr. Luigi Congi

martedì 5 giugno 2012

Editoriale



Eccoci chiamati al non facile compito di riflettere su questo decreto “Cresci Italia”, che, con continue modifiche e puntualizzazioni, non risulta certamente chiaro e lineare. Molti sono i punti su cui si può discutere, e l’opinione che nasce è quella che la riforma non sia fatta in maniera organica e studiata, lasciando quindi dei gap e complicando la situazione.
Per principio questa riforma vuole introdurre 5000 nuove sedi tramite concorso, e per fare ciò è stato introdotto un abbassamento del quorum a 3300 abitanti. Guardando i dati relativi, risulta che in molte città d’Italia, ciò corrisponde già alla situazione reale, non verranno quindi aperte nuove farmacie, dimostrando che il nuovo quorum è sostenibile. Nella provincia italiana, invece, già con il quorum attuale sono presenti sedi vacanti, all’incirca 1000, che non trovano assegnazione; sono quelle sedi che nessuno vuole perché non sono remunerative e che, qualora non avvenissero dei cambiamenti sostanziali a sostegno delle zone disagiate, rimarranno tali. Ciò forse ci dimostra che il sistema, in quelle zone, non è sostenibile già con il quorum attuale e mi chiedo quindi se il nuovo limite risulti sostenibile o se invece non acuirà le differenze e i disagi del servizio tra la provincia e città, mettendo in crisi situazioni già difficili.
La modifica della modalità di concorso inizialmente mi lasciava soddisfatto per la possibilità per i giovani sotto i quarant’anni di associarsi, unire i titoli, e di concorrere alla assegnazione di una sede. Per la prima volta finalmente veniva fatto qualcosa esplicitamente per i giovani. Ora però questa norma verrà eliminata, poiché discriminatoria per altri colleghi ultra quarantenni. Rimane però la possibilità di associarsi. Essendo anche stati tolti i punteggi relativi alle prove d’esame (unica possibilità per il giovane farmacista fresco di studi di fare la differenza e arrivare ai primi posti della graduatoria), in barba alla tanto acclamata meritocrazia, risulta che, per poter ottenere un adeguato punteggio, un giovane farmacista deve necessariamente unirsi ad uno o più farmacisti più anziani, e che la società formatasi deve mantenersi per almeno 10 anni. La cosa risulta difficile e complicata, ma è addirittura impossibile se ad unirsi in società fossero farmacisti con anni di esperienza.
L’obbligo per il titolare di lasciare la direzione della farmacia al raggiungimento dell’età pensionabile (fermo restando il valore dell’esperienza quarantennale, che nel nostro campo vale più di tanti studi) mostra un segno importante nella nostra società, dove finalmente si fa spazio ai giovani concretamente. Con questa norma, molti giovani avranno la possibilità di essere nominati direttori, molte farmacie saranno messe in vendita, elasticizzando il mercato. Mi chiedo però perchè ciò si applichi solo alle farmacie e non a tutti i settori professionali, come medici, notai, gli avvocati, ma soprattutto perché ciò non si applichi anche alla politica. Visti i precedenti attacchi alla nostra professione, lo vedo come un segno molto pericoloso e non posso che nutrire qualche preoccupazione. Inoltre, con una norma del genere, per la prima volta viene separata la proprietà della Farmacia dalla direzione, lasciando intendere che in un futuro, forse non troppo lontano, la proprietà della Farmacia verrà aperta al capitale, ufficializzando (ciò che la nostra Agifar ha sempre denunciato) l’ingresso della grossa distribuzione e delle multinazionali nel servizio sanitario, distruggendo il sistema Farmacia come oggi lo intendiamo e rendendolo un semplice atto commerciale.
Una apertura sostanziale è stata fatta nei confronti delle parafarmacie, alle quali anche se non è stato concesso il farmaco di fascia c, sono stati concessi i farmaci veterinari e le preparazioni galeniche. Pur non discutendo la professionalità e la preparazione dei colleghi che lavorano in queste strutture, pongo l’attenzione sul fatto che la maggior parte delle parafarmacie aperte, e soprattutto quelle che godono di buona salute, non sono di proprietà di giovani farmacisti che hanno deciso di costruirsi un futuro investendo sulla propria professionalità, ma bensì di grossi gruppi economici. Per la prima volta quindi una ricetta (per adesso solo quella veterinaria e quella magistrale) esce dalla farmacia, andando in mano oltre che ai colleghi parafarmacisti anche alla grossa distribuzione, come precedentemente menzionato. Concedere quindi a questi soggetti economici di poter trattare farmaci veterinari su ricetta, e la possibilità di fare preparazioni galeniche crea un precedente molto pericoloso per la nostra professione e la nostra professionalità.
Oggi più che mai dobbiamo quindi essere noi che oltre a cavalcare il cambiamento in atto nella professione, dobbiamo farci avanti con proposte ed iniziative.
Vi invito quindi a contattarci per esporci le vostre riflessioni e le vostre iniziative.


Dr. Mario Pipia
Presidente Agifar Milano Lodi Monza e Brianza